racconti

La scala dei pesci

Ferma li, quasi immobile, da almeno mezz’ora. A volte ce l’hanno tutti, la tentazione stanca e un po’ vigliacca di nuotare con la corrente che ti spinge.
Ma chi si fa spingere sono le barche alla deriva, che finiscono contro gli scogli o diventano niente nel mare grande. Oppure i naufraghi, che hanno perso rotta e speranza e a loro, ad andare bene, tocca un’isola deserta o, pure peggio, i cannibali.

Muoviti. Non sei barca e non sei naufrago.

Non rompere.

Ti porto alla scala dei pesci.

Cos’è…

Una scala, dei pesci.

Perché non ci ho pensato?

Perché te pensi le cose difficili, invece i pesci, che pensano le cose facili, sanno dove andare e ci vanno. Solo che a volte hanno bisogno di una scala.

L’acqua saltava giù liscia e poi si arricciava tutta, violenta, che quasi non la riconoscevi così da un secondo prima che era uno specchio. Forse ce l’aveva dentro sempre, quella violenza. O forse era quella curva di cemento, messa lì a tradimento, che la faceva arrabbiare.
E in effetti in quel groviglio di energia confusa una scala c’era.

Ok la vedo. E perché, se fossi pesce, dovrei salirci?

Perché i Pesci sanno cos’è il Paradiso. Cioè il loro è un posto pieno di cibo, e si sta beati in un’acqua trasparente e pulita, senza nessuno che ti mangia.

Si, da pesce mi piacerebbe. Ma ‘sto Paradiso potrebbe essere ovunque. Chi me lo fa fare di andar sù per una scala ripida?

La corrente: perché la scala funzioni li deve spingere in giù. E loro, che sono molto più furbi di te, sanno che solo se nuoti contro arrivi nel Paradiso dei pesci.

Era passato un silenzio di tanti minuti, e pensieri in fila come i vagoni di un treno.

Senti. Ma se non sono barca e non sono naufrago, forse sono pesce.

E allora adesso lo sai anche tu, che il Paradiso è contro corrente.

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