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Un foglietto di carta

Un foglietto

C’era una volta un foglietto di carta.

Un quadratino, immaginatevi. Poco più di un post-it.
Ma leggero leggero. Così sottile che, se lo mettevi alla luce, ci vedevi ogni cosa attraverso.

Il problema era il vento.
Lui stava lì dove lo poggiavi ma, al primo soffio di vento provava a buttarsi fuori dalla finestra, sollevandosi in volo.
Prendilo! Prendilo! Chiudi la finestra, mettilo nel cassetto!

Una volta, dopo averlo graffiato con una 2F, provarono a metterci sopra un libro pesante e quello, un po’ schiacciato, scivolò fuori e… via.
Allora, dopo averlo inzuppato di acquerello, lo appiccicarono con lo scotch alla copertina di un block notes e lui, ci perse uno strato, ma si scollò da lì.

Un’altra volta, tutto pasticciato di colori acrilici, lo infilzarono con una puntina su una lavagna di sughero: per andarsene dovette strapparsi un pezzo, ma lo fece.Impossibile da gestire, davvero. Cosa poi doveva andare a cercare nel vento?
Non era neanche stato buono per la matita, né per l’acquerello, per non parlare degli acrilici.
Avrebbe dovuto darsi una calmata.

Così, un po’ malconcio e senza qualche pezzetto, il biglietto planò sul tavolino di una piccola casa. Un piano di legno semplice, in un balcone fiorito di campanule e sonagli appesi.
Che li si aspettasse il vento, invece che chiuderlo fuori dalla finestra?

Stette.

Si lasciò a lungo percorrere da inchiostri porpora e chine nere, carezzare da pennelli con setole impalpabili. Ogni lettera si disegnava su di lui come fosse sempre stata lì.
Passarono i giorni e il vento venne.
Nessuno lo schiacciò, appiccicò, infilzò.
Allora il biglietto si sollevò leggero, si fece aeroplano e catturò ogni refolo d’aria disegnando mulinelli, verticali e planate intorno al balcone fiorito.
Quindi si posò, semplice e lento come foglia, sul tavolino di legno.

E stette.

La libertà è sempre, solo, corrispondenza, possibilità e scelta.

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