Altroché matrona, era una signora secca secca e allampanata, rattrappita più che curva, come se le ossa troppo lunghe si fossero piegate come gli steli pesanti del giunco.
Su dalla poltrona, seduta al tavolino. Pochi fogli e abbastanza in ordine per dire che, sì, ci aveva pensato.
E a pensarci, pensava a tutto. Ma con tanto metodo da far sembrare d’aver spazio sempre.
E poteva essere una routine infinita. Così almeno si sarebbe potuto prevedere. Il suo ruolo, insomma, l’infinita memoria del mondo, in avanti e all’indietro. Uno mica se lo aspetta mai un singhiozzo scomposto.
E invece il sindacato aveva insistito: anche l’ufficio gravità doveva avere il giorno libero.
Serrande chiuse dalle 8 alle 17. È il contratto.
Ma non lo si poteva mica dire in giro. Che quando ci avevano provato, tutti l’avevano preso di mira… ‘sto giorno vuoto.
Era venuto in mente a lei. Facciamo così: io il martedì faccio sciopero.
La soluzione aveva meritato l’applauso dell’assemblea.
Eran venuti persino su dal secondo piano – la signorina Decenza e il Signor Buongusto – per stringerle la mano e congratularsi.
Lei non li aveva riconosciuti, perché cambiava spesso la gente lì, ma aveva sorriso, un po’ imbarazzata.
Così ogni martedì niente poltrona e niente tavolino: la signora Gravità se ne stava a casa, in pantofole e veste da camera. A volte si annoiava, a volte no.
Il martedì non aveva così pesi e misure. Un mattone poteva pesare come una piuma.
Ecco che crimini efferati scivolavano via con un buffetto, tradimenti su cui – alla fine – c’era solo da farci una risata. E menzogne, disastri dolosi.
Un martedì ci fu un uomo, in Texas, che appiccò fuoco alla sua casa con dentro moglie e suocera.
Disse che parlavano da ore di bietole.
“Ok”. Fu la risposta del tribunale.
In Spagna Alejandro García sterminò un’intera mandria di mucche.
“Mi guardavano”.
“Giusto”. Fecero gli inquirenti.
Valentina tradì Luciano.
“Era ubriaca”.
Sergio picchiò Ornella.
“Qualcosa avrà combinato”.
Una donna lasciò una bambina sull’uscio di una porta chiusa. “Aspetta buona qui”. Non tornò mai più.
“Succede”.
Il mercoledì mattina la signora Gravità tornava al lavoro.
All’inizio era stata un po’ confusa perché non capiva dove mettere tutti questi fatti.
Macigni, rocce, sassi e ciottoli tutti privi di peso. O con la stessa, insignifcante grammatura.
Un raccoglitore a parte?
No, il martedì non poteva essere una categoria…
Così prese a mischiarli agli altri giorni in base al fatto.
Ma i fatti, col giudizio della loro gravità, ci nascono e ci muoiono.
E così stavano vicini omicidi puniti con il carcere a vita ad altri costati un’ammenda.
Alla lunga a qualcuno sembrò strano e ci furono diversi esposti scritti all’ufficio.
Questa volta l’idea geniale venne al direttore.
“Chiamate la Signora Percezione”
Quella venne e prese in carico le pratiche del martedì.
Senza tante storie disse “dove devo firmare”? Un bollo lì, un timbro là.
Da sempre meno metodica della Signora Gravità, Percezione era nota nella palazzina per far sempre quello che le pareva.
Quel che è per te non è per me.
Il diritto internazionale vacillò.
Le due fazioni di Giusto e Sbagliato si alzarono di colpo dai loro scranni ma non fecero in tempo ad aprire bocca.
“Vecchi!”
Bastò uno sguardo bieco della Signora Percezione perché Giudizio si defilasse in intelligente silenzio mentre Senso Critico, polveroso, vetusto e attorcigliato nella sua osteoporosi, non fu così pronto a scivolare via e fu murato vivo nel suo loculo.
Lo sanno tutti, nella Palazzina, che qualche pasticcio per lo sciopero settimanale della Signora Gravità, accade.
Ma ci sono un sacco di complici e poi, alla fine, basta chiederlo al martedì e tutti rispondono: “Ci sta”.